"Ogni parola che scrivo è soltanto un altro modo per dire il tuo nome. Anche se scrivo cielo, terra, musica, dolore, io sto scrivendo sempre e soltanto mamma."

mercoledì 6 maggio 2009

Renga e sua madre

Grazie all'insostituibile contributo di Federica, ecco un bellissimo articolo da leggere fino in fondo.
Ho già parlato di Francesco Renga nel Blog, ma per chi non lo sapesse anche lui ha perso la mamma.
Ma la cosa bella, meravigliosa, è che quel dolore è sbocciato e ora è volontariato. Ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa: la passione per il lavoro, una disciplina artistica, una carriera in medicina.
Ognuna di noi trova il suo modo unico e personalissimo di tributare e rendere immortale sua madre.

Il link dell'intervista è

http://www.giornaledibrescia.it/Contenuti/484484.html?idnews=6665

"Tutto quel dolore adesso mi dà forza"



Il racconto degli anni di malattia della madre, morta per mieloma



Onorare il ricordo della madre. Ripercorrere con il pensiero, le parole e la musica quegli "anni devastanti che, dice Francesco Renga, "hanno segnato profondamente la mia vita". Francesco rivive con noi i giorni della sofferenza, culminati, nell'aprile di 22 anni fa, nella morte della madre, Jolanda. Ma parla anche dei giorni dell'impegno, come quello che lo vede da qualche anno sostenitore dell'Ail, l'Associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma.

"Per dare ulteriore senso al mio agire", dice. Un senso che si concretizza ora nel concerto del 7 giugno, voluto da Renga e da Ambra, testimonial dell'Ail, che ha come scopo quello di raccogliere fondi per il progetto della stessa Ail Brescia: la realizzazione di un "Istituto di Ricerca interdipartimentale di biologia cellulare e radio-biologia applicato alla clinica del paziente oncoematologico" al Civile

Francesco, quando hai saputo che tua madre era malata?

Avevo 17 anni. Lei, allora cinquantenne, aveva qualche disturbo e si pensava che si trattasse di osteoporosi. C'è voluto del tempo prima di avere una diagnosi. Ho cominciato ad incontrare parole quali "scintigrafia", che manco sapevo esistessero. Poi, iniziava ad aleggiare un termine forte, pesante, da non pronunciare: quel cancro di cui non si poteva dire, perché allora per tutti era "un brutto male".

Poi, hai saputo della diagnosi: mieloma. E, al momento, non hai compreso cosa significasse...

Ero molto giovane, ed è evidente che non sapevo cosa fosse un mieloma. La leucemia, a dire il vero, l'avevo già incontrata, perché quando ero piccolo nel nostro condominio viveva una bambina, Francesca, che era stata colpita da questa malattia. Le famiglie allora erano molto unite e si aiutavano, ed anche la mia era molto coinvolta nella vicenda della piccola. Pensate che Francesca è guarita ed ora è volontaria dell'Ail. Così, quando hanno parlato di mieloma per mia madre, non sono riuscito subito a capire che si trattasse di un tumore del sangue. Così, mi sentivo quasi sollevato perché, nel frastuono delle informazioni che si susseguivano, si credeva che lei avesse già delle metastasi e lo sforzo dei medici era quello di trovare il tumore originario. Potete immaginare la mia reazione quando ci hanno detto che, in realtà, non era in metastasi, ma aveva un mieloma: ero felice perché, ho pensato, se è così si può ancora lottare, non è in fase terminale. Allora, c'è ancora speranza...

Come stava tua mamma? Come la vedevi cambiare? È vero che cercava di proteggervi?

La malattia di mia mamma è durata tre anni: è morta qualche mese prima dei mio diciannovesimo compleanno. Anni in cui, di certo, la qualità della sua vita è peggiorata; ma lei non ha mai vissuto momenti drammatici, se non nell'ultimo periodo che è stato molto difficile. Lei cercava di proteggerci e di tener lontani dalla sofferenza mia sorella gemella, mio fratello maggiore, mio padre che non si era mai occupato delle questioni domestiche.
Cercava di sdrammatizzare, ma soffriva: non tollerava di non avere più forze per seguire la casa, non accettava di essere in disordine e quando andava in ospedale per una terapia, o per un semplice controllo, doveva essere perfetta, con i capelli e con i vestiti.
Quei capelli bellissimi, neri e crespi come i miei, che la chemioterapia le aveva rubato...
No, non ci si può abituare al dolore, ma si cerca di isolarlo, per poter continuare a vivere.


Dal dolore che lascia ammutoliti, alla canzone "Tracce di te" dedicata appunto a tua mamma e presentata a Sanremo nel 2002, all'impegno per la ricerca a fianco dell'Ail.

Ho iniziato a guardare in faccia la sofferenza che mi accompagna e che ha creato un deserto dentro di me in anni importanti della mia vita. E l'ho fatto iniziando a sostenere un'associazione che promuove la ricerca sui tumori del sangue, perché voglio che il numero di persone che muore per queste patologie sia sempre di meno. Perché so che se mia mamma si fosse ammalata adesso, avrebbe potuto continuare a vivere. Sostenere l'Ail significa dare un senso al mio lavoro e, anche, onorare la memoria di mia madre.

Come vedete, è Universale.

Grazie Fe. E non è vero che sei di parte! ;)

Nessun commento:

Posta un commento