"Ogni parola che scrivo è soltanto un altro modo per dire il tuo nome. Anche se scrivo cielo, terra, musica, dolore, io sto scrivendo sempre e soltanto mamma."

domenica 28 dicembre 2014

Corrispondenza

Questa é una delle tantissime mail scritte alla mia Frida. Ho scelto di pubblicarla qui, seppur scritta di getto e per un uso privato, perchè ho toccato argomenti che mi stanno molto a cuore e penso che non saprei esprimerli con parole diverse.
Ve la regalo così come l'ho scritta, buona lettura.


Quando gironzolo su internet, mi imbatto in molti blog di gente della mia età. Fanno post interi sull'ultimo shampoo usato, su abiti e locali "in"... Poi penso al mio piccolo blog, a cui non faccio pubblicità, che praticamente scrivo solo per me. Quando rileggo quello che scrivo, dopo averlo pubblicato, mi rendo conto di come sia tutto buttato lì di getto, senza filtri, senza aggiustamenti, senza riflettere. Come se ogni volta mi aprissi il torace, con la lama di un italiano un po' stentato, a volte scorretto. Ma così vero, Dio quanto vero! E questo arriva, a te e a tante donne che in questi anni mi hanno scritto per ringraziarmi. Lo so che è un blog che forse fa venire tristezza, ma è un blog medicina, che si prende quando duole il cuore. E poi,  non ci si pensa più. Ma a me va bene così. Anche io vivo giornate in cui non sono orfana. Ma sono momenti illusori. Tutto questo per dire che le tue parole mi hanno fatto un gran piacere. Tutte noi siamo doni, regaliamo a chi ci sta vicino una vita piena e vera, di cui non sprechiamo nulla, perchè sappiamo quanto sia effimera.... Non c'è scampo, e allora, come ho scritto, noi siamo spudoratamente vive. 

Ho incontrato una donna non vedente, e quello che mi ha colpito è stato che ha detto che dire di essere ipovedente la descrive nella sua totalità e che è la prima cosa che vuole che gli altri sappiano di lei. Non è lo stesso per noi? Quante volte nella vita, al lavoro, avremmo voluto dire: ehy, vacci piano con me, non parlarmi così, io non ho la mamma, sai? Trattami con dolcezza. Ma non si puó, ci riderebbero dietro! E allora noi che abbiamo una disabilità emotiva non possiamo palesarla, non possiamo, come un ipovedente fa, chiedere il posto sull'autobus, ma dobbiamo viaggiare in piedi, con le gambe che tremano, mentre molti stanno a sedere, nel lungo viaggio della vita, senza sapere che a noi sanguina il cuore.

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