Non saprei dire con esattezza quando il sudario del mio dolore scivolò via dal mio corpo.
Ne sentii appena i lembi sfiorarmi la caviglia.
Credo che fosse unto e logoro, ma non lo saprò mai, perchè con un solo passo lo avevo calpestato e oltrepassato.
Forse, se mi fossi voltata, mi sarebbe apparso come la pelle di un serpente che abbia completato la sua muta.
Qualcosa di morto, un guscio vuoto, un simulacro.
Può essere morto, un dolore? Può cessare, scivolare via, annullarsi?
Lo possiamo scavalcare con agilità, nude, nuove?
Nuda, com'ero in sala parto. C'eravamo solo io e il mio dolore, questa volta totalmente fisico.
Chiamai mia mamma? No.
La desiderai? No.
La piansi? No.
Ero vita pulsante, lo strazio di un piccolo corpo che si contorceva per uscire da me, il mio involucro che tentava di spingerlo fuori, di lasciarlo uscire.
Ho urlato, come mai prima, urlato più per avere forza che per il dolore.
Credo di aver urlato fuori tutta la mia anima.
E poi, lei è apparsa sul mio seno, un piccolissimo esserino.
Era sporca, con gli occhi chiusi e gonfi, la pelle violacea per lo sforzo.
Non credo di aver visto mai qualcosa di più bello! E allora seppi, mi fu chiaro.
Non avevo bisogno di nient'altro. Avrei vissuto con lei, per lei, verso di lei.
Chi se lo sarebbe mai aspettato?
Sotto il mio sudario, al contrario di ciò che avevo sempre pensato, non c'era una piccola orfana debole e sola.
C'era una Madre.
E allora ho spesso ripensato a tutti i miei sogni... E solo adesso capisco quello che realmente significavano!
Ma devo essere onesta, la mia migliore amica aveva tentato, una volta, di dirmi che mi stavo sbagliando...
Ecco, i miei sogni, scenari e contesti differenti, ma sempre la solita trama.
Io, adulta, trovo me stessa bambina: abbandonata, sola, bisognosa d'amore.
Immancabilmente, la mia mano si tende, abbraccio questo cucciolo indifeso, questa orfana, so che la proteggerò per sempre.
Pensavo che tutto ciò significasse che avevo ancora un disperato bisogno d'amore, in realtà credo che i miei sogni mi volessero solo indicare la strada: sarei guarita solo quando mi fossi presa cura di un bimbo.
Certo, nei miei sogni quel bambino ero io, l'orfana ero io, ma questo solo perchè la mia parte adulta capiva perfettamente tutto il dolore che la mia parte bambina non aveva mai compreso fino in fondo,. Ma il senso era che, nell'amore e nella vita, avrei sconfitto la morte.
Ricordo uno degli ultimi sogni che feci. Attaccato al letto dei miei genitori c'era un feto. Era vecchio e polveroso e tutti mi consigliavano di lasciarlo lì, perchè non valeva la pena prendersene cura. Ricordo che lo presi senza timore e lo cullai finchè non ne nacque uno splendido bambino Down (probabilmente una rappresentazione della mia "menomazione" affettiva) e alla fine quel bambino, armato di corazza, sconfisse un terribile drago.
Ricordo che Frida, la mia grande e ora la mia scomparsa (aihmè), mi disse che per Jung sconfiggere un drago simboleggiava la separazione e il distacco (sano) della personalità del bambino da quella della madre. Ora mi appare tutto ovvio: avere un figlio, contrariamente ai timori e alle paure, mi avrebbe fortificata e mi avrebbe permesso di ricongiungermi, separandomene, a mia madre.
Eppure io, che pensavo di essere una pessima orfana, ora sono una splendida madre.

Che meraviglia...non ti leggevo da un po' e ti ritrovo mamma.Prego tutti i giorni affinchè possa diventarlo anche io presto. Noi senza mamma, saremo ottime madri. ne sono certa.
RispondiEliminaVerissimo! Lo saremo perchè sappiamo cosa ci è mancato. Ed è quello che non faremo mai mancare ai nostri figli. Mi unisco alla tua preghiera affinchè tu possa al più presto sperimentare questa nostra nuova dimensione... Ti abbraccio forte
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